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Italia

Il caffè, ormai, è divenuto parte integrante della nostra cultura: quasi tutti lo beviamo, anche più di uno al giorno. Tra “ieri e oggi” il modo di preparare la tanta amata bevanda nera ha subito diversi cambiamenti, caratterizzati dal continuo progresso tecnologico.

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In principio, il caffè veniva preparato in infusione, con una semplice bollitura; successivamente venne utilizzata la tecnica della percolazione, che consiste nell’utilizzo di un filtro. La sua evoluzione è la percolazione a capovolgere, termine forse un po’ troppo tecnico che fa riferimento alla celebre e internazionale caffettiera napoletana. Oltre ad essa si diffuse, soprattutto nella Francia di primo Novecento, anche la caféolette che utilizzava lo stantuffo e il latte al posto dell’acqua.

Bisogna aspettare il 1933 per giungere al sistema destinato a rivoluzionare la preparazione del caffè attraverso la pressione del vapore: la Moka. Ideata da Alfonso Bialetti, la tradizionale caffetteria è ancora in produzione secondo il progetto originario e la sua produzione è rimasta sempre in Italia sino al 2010 quando, a seguito della chiusura dello stabilimento di Crusinallo, è stata trasferita a Ploiești in Romania.

la prima macchina del caffe

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A partire dai primi anni dell’Ottocento, durante il quale si assiste allo sviluppo del maggior numero di apparecchi, decine d’ingegneri, stagnini e argentieri, ma anche puri inventori, gareggiano fra loro per giungere alla realizzazione della macchina che produca la miglior tazza di caffè.

Il primo brevetto risale al 1884 ed a registrarlo fu Angelo Moriondo, un industriale torinese. Tuttavia Moriondo non diede mai impulso industriale alla sua invenzione, è per questo che in realtà l’invenzione viene fatta in genere risalire ad un meccanico milanese: Luigi Bezzera.

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Bezzera aveva probabilmente visto e studiato la macchina di Moriondo, intuendone le potenzialità; registrò il suo brevetto e riuscì a venderlo a Desiderio Pavoni che con la sua azienda “La Pavoni” appunto, cominciò a produrre la macchina. La macchina di per sé, era un grosso cilindro verticale, contenente una caldaia di ottone mantenuta in pressione da un fornello a gas. Lateralmente alla caldaia erano posizionati i gruppi in cui veniva messo il caffè. Girando un rubinetto l’acqua in ebollizione e il vapore contenuti nella caldaia passavano attraverso il caffè con 1,5 atmosfere circa, e in un minuto il caffè era fatto.

Questo tipo di macchine (definite “a vapore” e il cui metodo è ancora usate in alcune macchine economiche da casa) rimase in uso fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel grande fermento della rinascita dalle macerie, nel 1945, Angelo Gaggia inventò il sistema a leva. L’invenzione e il brevetto risalivano in realtà al 1938, ma Gaggia, che come Moriondo aveva pensato la macchina per il proprio bar, la ragionò in modo industriale solo nel ‘45, e nel ’48 ne cominciò la produzione.

La macchina a pistone, o a leva appunto, pose le basi tecniche per il caffè crema, l’espresso come lo conosciamo oggi. La temperatura dell’acqua poteva essere più bassa, si scendeva da oltre 120° a 90° circa: ciò determinò la perdita di quella sensazione di intenso amaro che accompagnava il caffè fin dall’inizio. La pressione di nove atmosfere poi, a cui il pistone pressurizzava l’acqua, permetteva di creare la crema, il vero segno di riconoscimento del caffè espresso.

La macchina a leva, che con il tempo si differenziò, evolvendosi, nelle macchine a molla, rimase il riferimento fino all’eclisse del 1961, quando la Faema lancio la E-61. Questa macchina, ben conusciuta dagli adetti ai lavori, introduceva importanti evoluzioni. La macchina non sfruttava più una pressione manuale (come le macchine a leva) ma traeva le sue atmosfere da una pompa elettrica, rendendo il lavoro dell’operatore molto più semplice e meno faticoso. Inoltre, la macchina introduceva il concetto di preinfusione, concetto che prevedeva alcuni secondi in cui l’acqua calda restava a contatto con la polvere, favorendo una migliore estrazione. Negli stessi anni, la stessa Faema creò anche la prima macchina “vending” quella in cui si mette la monetina ed esce il caffè.

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E oggi? Il mondo delle macchine da caffè è tuttora in piena evoluzione. Le macchinette, oltre ai bar, stanno popolando sempre più case e uffici: cialde, capsule e caffè in polvere sono dei prodotti di facile consumo durante l’arco della giornata. La macchinetta casalinga si avvicina sempre più alle macchine professionali utilizzati nei bar, garantendo la stessa cremosità e sapore.

La scelta rimane sempre all’utente: c’è chi preferisce il caffè del bar non solo per la bontà della bevanda, ma anche per lo stare immerso in persone, conoscenti o no. Rimangono sempre i fedeli alla tradizionale Moka: “no Moka, no caffè” ecco il loro motto.

Ma in fin dei conti: fallo come vuoi, ma preparalo bene: un buon caffè è sempre un buon caffè.

La storia della macchina del caffè, 5.0 out of 5 based on 1 rating
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